Domenico Zonin
Presidente dell’Unione Italiana Vini
Il trend dell’export vino prosegue, nel primo bimestre 2014, la sua crescita attorno ai valori conquistati nel 2013, seppur con situazioni molto differenziate da paese a paese. Segno positivo importante, soprattutto se confrontato con l’export agroalimentare italiano che nel suo complesso, invece, marca una leggera flessione nei primi mesi del 2014, e a fronte di una domanda interna ancora depressa. Il contesto difficile nel quale il nostro prodotto prosegue la corsa sui mercati internazionali deve spingerci a tenere alta la guardia su un successo, lo abbiamo già detto, che dobbiamo continuare a supportare con finanziamenti promozionali, pubblici e privati per consolidare posizioni preziose, oggi in termini di fatturato, e domani, per le loro valenze strategiche.
Arriva, quindi, al momento opportuno la notizia che il viceministro allo Sviluppo economico, Carlo Calenda, sta definendo i termini di una nuova campagna promo-pubblicitaria sul vino italiano, finanziata dal MISE e destinata al mercato cinese, il cui avvio è previsto entro l’anno. Una iniziativa che, seppur dalla dotazione finanziaria contenuta – comunque “benedetta” in tempi di difficoltà economiche – sta nascendo con la partecipazione progettuale degli imprenditori. Si tratta di una modalità assolutamente nuova e molto importante di operare. Abbiamo già riconosciuto a Carlo Calenda una concretezza ed una sensibilità nel rapporto con le imprese e le loro associazioni alla quale non siamo ancora abituati, ma torniamo sul tema perché, proprio in questi giorni, abbiamo inviato al MISE una nostra proposta progettuale relativa alle campagna promo-pubblicitarie cinese sulla quale attendiamo riscontro.
Il gruppo di lavoro, istituito in seno al nostro Consiglio nazionale, ha indicato alcuni concetti strategici di fondo che voglio ribadire in quanto hanno un valore metodologico generale, oltre il caso cinese. Innanzitutto, le risorse pubbliche devono essere indirizzate laddove non possono (e non debbono) arrivare quelle private: cioè verso quelle azioni di informazione al grande pubblico, formazione per gli operatori del settore (sommelier, ristoratori, ecc.) e promo-pubblicitarie di carattere generale sul “sistema paese” e sul “vino italiano”, che aiutano a costruire la cultura e conoscenza di base del prodotto offrendo, quindi, la necessaria cornice istituzionale alle iniziative attivate dalle singole imprese. Invece, “non” devono supportare tutte quelle azioni promozionali quali fiere, degustazioni, promozioni “in-store” nella Gdo e nell’horeca che sono lo specifico delle attività aziendali, facciamo bene (forse meglio) noi con le nostre risorse, ma che acquistano maggior efficacia se affiancate da quell’intervento “pubblico”.
Considerazioni particolarmente appropriate per il mercato cinese dove, al di là della flessione congiunturale dei consumi (il primo trimestre 2014 segna – 18,4%, con l’arretramento del 6,6% del volume export vinicolo italiano), l’Italia copre ancora solo l’8% del totale importato, collocandosi al 5° posto nella top-ten dei paesi esportatori con 5 milioni di litri venduti e a ben 3 milioni in meno dalla Spagna (per non citare i – 22 dalla Francia). Un gap dovuto, come abbiamo ribadito al MISE, al fatto che l’Italia è ancora poco conosciuta, e quindi percepita, come paese produttore di grandi vini, che la conoscenza e reputazione del nostro prodotto in Cina è ancora scarsa. Ed è qui che devono incidere i finanziamenti pubblici per diventare sinergici con gli altrettanto importanti investimenti promozionali delle aziende. Dobbiamo illustrare ai consumatori cinesi il vigneto Italia, la grande storia delle nostre Doc, la ricchezza dei nostri vitigni, le straordinarie possibilità di abbinamento con la cucina cinese (oltre a quella italiana, ovviamente) attraverso una campagna pubblicitaria (con realizzazione di video, spot, ecc.) magari da diffondere con il canale web. Agli operatori del settore (sommeliers, ristoratori, distributori specializzati), invece, è opportuno “insegnare” il nostro vino, cioè offrire loro strumenti culturali (e supporti didattici) che li mettano in condizione di saper scegliere, servire e raccontare il vino italiano.
Attività diverse che, senza disperdersi in mille rivoli, devono trovare una adeguata composizione all’interno di progettualità mirate ad obiettivi certi, misurabili, compatibili e raggiungibili con le risorse finanziarie a disposizione, ma anche inquadrate in indirizzi strategici pluriennali capaci di orientare in maniera sinergica gli investimenti promozionali attivati dal Paese nel corso degli anni. Una visione prospettica – indispensabile per garantire efficacia agli investimenti – che purtroppo ancora manca nella gestione delle risorse promozionali pubbliche.
Facciamo, quindi, un nuovo appello al viceministro Calenda, invitandolo a perseguire, con la tenacia e determinatezza che conosciamo, da un lato, sinergie di investimento con altri settori del Made in Italy che vivono un importante sviluppo e successo sul mercato cinese (es. settore moda), e, dall’altro, nuove modalità di collaborazione con le amministrazioni pubbliche del Paese (Mipaaf, Regini, Cciaa, ecc.), che, vincendo la storica ritrosia a lavorare “insieme”, mettano “a sistema” le risorse finanziarie disponibili, finalizzandole ad un progetto rilevante e ambizioso, oggi in Cina, e domani, su altri mercati internazionali strategici per il nostro futuro.