La mossa della Regione Veneto ha avuto un duplice effetto: primo, quello di congelare il piano controlli rimandando la palla al ministero, che deve decidere se fare un atto di forza, riproponendo il testo uscito dal tavolo di filiera e disattendendo le richieste di una regione importante dal punto di vista del peso produttivo, oppure rimandarlo in discussione ai tavoli tecnici, con tempi così stretti da lasciare intravedere la possibilità che a passare sia solo il testo sulle Dop, quello su cui c’era condivisione pressoché unanime. Perché per le Igp – ed è questo il secondo effetto provocato dal niet dell’assessore Manzato – incominciano a rispuntare i vecchi distinguo che avevano caratterizzato tutta la genesi del piano controlli. E con le organizzazioni di categoria che si stanno dividendo, quanto meno sugli auspici: da una parte, Coldiretti e cooperative, che non disdegnano una separazione dei due piani controllo, lasciando andare avanti quello delle Dop e sospendendo le Igp, per le quali – questa la tesi – non ci sono tempi tecnici per riaprire una discussione in vista della prossima vendemmia. E dall’altra i convinti sostenitori del decreto così come uscito dal tavolo di filiera: Confagricoltura, Cia e Unione Italiana Vini (qui la lettera del presidente Mastroberardino al ministro Catania), mentre pare attendista la posizione di Federvini, che si limita a prendere atto della situazione di stallo, sollecitando il ministro a decidere al più presto in un senso o nell’altro.
La palla ora è al ministro, che ha il compito gravoso di sbrogliare questa ennesima matassa: ascoltare le ragioni del Veneto, la cui posizione è condivisa in regione in maniera trasversale da tutte le categorie e che sta facendo proseliti anche in altre zone d’Italia, oppure portare il decreto alla firma in consiglio dei ministri, lasciando aperta la porta a future discussioni su miglioramenti del piano in corso d’opera, così come fatto tra l’altro per i vini Dop. Tempo massimo il 10 giugno.