Bologna. “La cooperazione agroalimentare oggi ha dato vita concreta a un evento straordinario: un grande processo di semplificazione della rappresentanza. Ci siamo dati degli obiettivi concreti piuttosto di decidere di rincorrere la supremazia di una bandiera sulle altre”. Lo ha affermato Maurizio Gardini, presidente di Fedagri-Confcooperative, nel corso del suo intervento alla prima assemblea unitaria delle centrali cooperative (Fedagri-Confcooperative, Legacoop Agroalimentare e Agci Agrital) a Bologna. “Abbiamo bisogno di uno sforzo concorde per generare ulteriore crescita, mettendo al centro dell’agenda del governo lo sviluppo dell’agricoltura – ha aggiunto Gardini – perché l’agricoltura è il secondo comparto del Paese ed è un settore che può generare crescita senza spese, valorizzando il suo patrimonio”.
“Con la costituzione dell’Alleanza delle cooperative italiane – gli ha fatto eco Giampaolo Buonfiglio, presidente di Agci-Agrital – le nostre organizzazioni hanno intrapreso un cammino comune per costruire un soggetto unico in grado di dare maggiore impulso alla realtà che rappresentiamo come avviene storicamente in Europa. La cooperazione vuole fare la propria parte nell’ineludibile processo di semplificazione della rappresentanza al fine di dare risposte efficaci ai problemi che le trasformazioni economiche ed istituzionali del Paese, dell’Europa e del mondo impongono”.
No ai tagli della Pac
“Ci siamo dati obiettivi concreti piuttosto di decidere di rincorrere la supremazia di una bandiera sulle altre, anche alla luce della consapevolezza che la domanda di cibo a livello planetario cresce e il mondo ha bisogno di agricoltura – ha ripreso Gardini -. Dovremmo sempre chiederci cosa sarebbe l’agricoltura italiana senza le aggregazioni cooperative che, lo vogliamo sottolineare con forza, uniscono produzioni nazionali, imprenditori agricoli e territorio in un’ottica di auto-imprenditoria. Non abbiamo sviluppato un discorso ideologico che ormai non ci appartiene più. Ci siamo ritrovati sulle cose reali, sul bisogno di corrispondere alle sollecitazioni dal basso, sulla necessità di aprire una prospettiva alle future generazioni. Per questo ci appare assolutamente poco strategica la decisione di tagliare le risorse destinate all’agricoltura, visto anche che, in tempi di crisi, l’agroalimentare costituisce ancora un settore in grado di offrire opportunità di lavoro”.
Il riferimento è alla riforma della Pac, e ai prospettati tagli nel bilancio europeo, contro i quali il mondo cooperativo chiede al governo di impegnarsi per una dotazione più corposa. “La trattativa – ha detto Giovanni Luppi, presidente di Legacoop-Agroalimentare – non ci vede soddisfatti, bisogna che il settore sia sostenuto e spero che la politica italiana supporti le nostre richieste. Le cooperative sono pronte a fare la loro parte”.
Il focus sul vino
E per quanto riguarda il mondo cooperativo del vino (il 45% della produzione italiana arriva dalla cooperazione), il settore resta l’unico all’interno del comparto agroalimentare a vivere, nonostante la crisi, un momento positivo in termini di fiducia. Tutti d’accordo che il tempo delle analisi nel mondo vitivinicolo sia finito e che sia arrivato il momento di aggredire i mercati stranieri per imporre il prodotto italiano in tutto il mondo. I segnali di apertura, secondo gli addetti ai lavori, ci sarebbero tutti: clima di fiducia delle imprese, aumento dell’export e possibilità di sfruttare le risorse per la promozione, ma tutti questi elementi saranno vacui se non accompagnati da processi di aggregazione seri. “Questo è il momento per agire. La nostra parola d’ordine – dice Gardini – deve essere ‘meno cooperative e più cooperazione’, adeguando i nostri percorsi imprenditoriali e avviando processi di concentrazione, ma senza perdere il contatto con i soci: questo è un compito che la classe dirigente dell’organizzazione deve avere ben chiaro”.
A livello generale, negli ultimi cinque anni la cooperazione ha realizzato oltre 200 fusioni societarie e costituito 30 nuovi consorzi di 2° grado, molti dei quali proprio nel settore vino. “È il segno concreto della nostra volontà di razionalizzare il tessuto cooperativo – ha sottolineato Luppi – ma potremmo fare di più e più velocemente se ci fossero adeguate misure fiscali per favorire i processi di concentrazione tra cooperative”.
Fusioni e nuovi rapporti commerciali
Nel corso dell’assemblea sono stati discussi gli aspetti cruciali del mercato vitivinicolo: oltre allo strumento delle fusioni, hanno rimarcato i tre presidenti, sono auspicabili le sinergie commerciali, anche con la Grande distribuzione. Per quanto attiene proprio al rapporto tra cooperazione e Gdo, è stato sottolineato come questo oggi sia consolidato da cifre che crescono di anno in anno. Nel settore vino, una bottiglia su due sugli scaffali delle insegne cooperative della Gdo (Coop, Conad, Crai, Sigma) proviene dalle cooperative agricole. E nel comparto ortofrutticolo la percentuale supera, da nord a sud, il 50%: oltre la metà dei contratti di fornitura di frutta e verdura e circa un terzo degli altri prodotti agroalimentari vengono siglati dalle insegne distributive con imprese o consorzi cooperativi. “Sono numeri – ha commentato Gardini anche a nome di Luppi e di Buonfiglio – che attestano il legame positivo esistente tra la componente agricola e quella distributiva della filiera cooperativa. Un legame che intendiamo consolidare nella direzione di una più forte valorizzazione dei prodotti forniti dalle cooperative. Il nostro impegno è quello di accrescere nel prossimo triennio questa percentuale”.
Nel contempo la cooperazione si è dichiarata disponibile ad aprire un dialogo proficuo con tutta la Gdo per arrivare a intese che escano dalla logica del “prezzo basso” a vantaggio del “prezzo giusto” o meglio ancora del “prezzo equo”, quello cioè che consente a tutti gli attori della filiera di avere il riconoscimento minimo del lavoro svolto. A tal fine le organizzazioni cooperative hanno rinnovato la loro proposta di lavorare per giungere a un accordo tra produzione e grande distribuzione che impegni le due componenti al rispetto di regole precise, in particolare in merito ai tempi di pagamento, alla garanzia di un prezzo minimo ai produttori, all’etichettatura dell’origine dei prodotti e alla gestione delle politiche di vendita sottocosto.
Infine, la cooperazione ha insistito sulla necessità di costituire in ambito Ismea specifici fondi di rotazione per favorire la capitalizzazione delle cooperative nel quadro di una revisione degli strumenti finanziari e di garanzia affidati allo stesso Istituto con particolare riferimento alla Società gestione fondi per l’agroalimentare (Sgfa) e di costituire un fondo tra Isa e i Fondi mutualistici delle Organizzazioni cooperative per il sostegno dei progetti strategici delle filiere cooperative nella logica di corresponsabilizzare il rischio tra risorse pubbliche e risorse dei soggetti beneficiari.
La convergenza delle professionali
Vivo apprezzamento all’iniziativa della cooperazione è arrivato anche dalle organizzazioni professionali: “Davanti alla crisi il modello cooperativo si ripropone come strumento dei produttori per affrontare in maniera efficace il mercato – ha detto Giuseppe Politi, presidente della Cia -. È però importante che sui progetti di carattere industriale agroalimentare vi sia il coinvolgimento delle organizzazioni agricole. La Cia è pronta a fare la sua parte con senso di responsabilità”.
“Non si può non convergere su temi delicati come la Pac, l’internazionalizzazione delle imprese, il credito, la sburocratizzazione – ha riassunto Franco Verrascina, presidente della Copagri – ma è la sottolineatura di un percorso nuovo per quanto concerne l’unità della sfera della cooperazione e la rinnovata disponibilità a un costruttivo confronto con le organizzazioni professionali per addivenire a una concreta piattaforma unitaria che va accolta con favore e ottimismo”.
Il processo di unificazione ha raccolto infine anche il favore delle istituzioni, rappresentate da Paolo Russo, presidente della commissione Agricoltura della Camera: “La cooperazione ha consentito all’agricoltura di crescere, soprattutto in un Mezzogiorno dove le aziende hanno bisogno di fare sistema e massa critica”.