“Io l’Inghilterra la do per morta”. Così ci disse un giorno un grosso nome dell’enologia veneta mentre discutevamo di mercati. E a guardare le statistiche ne ha ben donde, dove tra prezzi da fame, strapotere della grande distribuzione, private label, marchi in esclusiva e sfuso à gogo è sempre più difficile ritagliarsi un posto al sole.
Veniamo ai dati relativi alle importazioni del primo semestre. Per l’Italia, segmento bottiglia, con un prezzo al litro sceso di un 2% e ormai sotto le 2 sterline, si leggono dei segni più: +6% a volume, +4% scarso a valore. Merita invece un approfondimento quello che sta capitando alla Francia, che vede quasi raddoppiare i suoi prezzi di vendita, passati da un anno all’altro da poco meno di 4 sterline al litro ai 6,50 di giugno scorso. Male le cose – sempre per l’imbottigliato – per la Spagna e i cileni, mentre prosegue il profondo rosso per l’Australia, che invece fa furore sul segmento bulk, dove guadagna quasi 10 milioni di sterline in più rispetto al confezionato. Sulla stessa lunghezza d’onda gli Usa, fermi sulla bottiglia e in forte crescita sullo sfuso, mentre sembra aver invertito la china la Nuova Zelanda, anch’essa negli ultimi anni sottoposta al trattamento cisterna.
Un occhio di riguardo al Sudafrica, la cui industria nazionale sta cominciando a farsi seriamente i conti sulla scelta – forzata dai clienti inglesi – di inviare cisterne invece di confezionato. Ne parliamo qui, ma intanto prosegue il profondo rosso sul segmento più profittevole, mentre i tank da Johannesburg continuano a viaggiare a ritmo incessante.
Infine un occhio alla spumantistica, il segmento che per ora regala le maggiori soddisfazioni all’Italia, ma anche a francesi e spagnoli, quesit ultimi in poderoso aumento sulla colonna dei prezzi medi.
Fonte: elaborazioni Corriere Vinicolo su dati Dipartimento al commercio estero britannico