Sembra inarrestabile la corsa al rialzo del prezzo dello sfuso italiano spedito all’estero. A marzo, con una quotazione schizzata a 87 centesimi al litro, si è toccato il record assoluto, pari al doppio di quanto si spuntava poco più di due anni fa. Un fenomeno dovuto in larga parte alla scarsità di prodotto in Europa, Francia soprattutto, ma anche in Germania, che assorbe metà del valore del nostro export, Paesi dove le vendemmie non sono andate granché bene.
Le richieste di sfuso da Berlino sono aumentate, nel trimestre gennaio-marzo, del 61%, per un prezzo schizzato all’insù del 35%. Balzo ancora maggiore quelle provenienti dalla Francia, che ha quasi raddoppiato la spesa, salita dell’87%. Fenomeno inverso invece nel blocco dei Paesi dell’Europa centrale che fino a qualche anno fa avevano fatto incetta di vino italiano a basso prezzo: causa aumento prezzi, cali vistosi si segnalano in Ungheria (-46%), Repubblica Ceca (-23%), Polonia (-54%), e sopratutto in Russia, che nonostante una vendemmia tragica nella regione di Krasnodar, evidentemente si sta tenendo alla larga dai nostri prodotti, puntando sul prodotto cileno. Guardando però le statistiche russe relative al primo trimestre, si nota un aumento vertiginoso di prodotto in provenienza dall’Ucraina, Paese che – tabella italiana alla mano – ha registrato una crescita di richieste di vino tricolore pari all’80 e passa percento.
Fonte: elaborazioni Corriere Vinicolo su dati Istat