Il Friuli rappresenta un caso di scuola su come la disaffezione alle Doc possa raggiungere livelli quasi parossistici. Su una produzione potenziale di oltre 600.000 ettolitri, nel 2012 ne sono stati certificati a malapena 370.000, di cui ne sono finiti in bottiglia poco più di 340.000. Il resto viene travasato in vini Igt (Venezia Giulia o delle Venezie), quando non spedito in altre regioni a imbottigliare. Lo stesso Prosecco Doc, su una produzione potenziale regionale di 120-130.000 ettolitri, arriva all’imbottigliamento a poco meno della metà (52.000 ettolitri), segno che il resto viene mandato a chiudere il ciclo di produzione nel vicino Veneto.
Una regione di conto-terzisti, insomma, con altissima disaffezione alle proprie Doc storiche, visto che negli anni, oltre al Prosecco, l’unico vino che è cresciuto in maniera esponenziale è stato il Pinot grigio: oggi, nelle varie Doc, le certificazioni del PG assommano al 26% del totale, circa 97.000 ettolitri. Con il Prosecco, situato al 14%, i due vitigni non friulani fanno il 40% del totale certificato in regione. Se poi sommiamo Merlot, Chardonnay, Sauvignon e Cabernet vari, si arriva a oltre il 70%.
Il Pinot grigio poi assomma altri 18.000 ettolitri circa di imbottigliamenti nell’Igp Venezia Giulia (una stima basata proiettando all’anno i dati certificati da Ceviq per il periodo da agosto a dicembre, pari a 6.300 ettolitri). Igp dove gli autoctoni friulani sono relegati agli ultimi posti, come per le Dop (da notarsi che il Friulano non è presente nell’Igp, quindi per rivendicarlo si è obbilgati a usarlo all’interno di una Dop, di qui si spiega quel 10% nel grafico delle certificazioni).
Nota: gli imbottigliamenti vanno da agosto a dicembre 2012
Fonte: elaborazioni su dati Ceviq; per Doc Prosecco, Carso e Collio, Valoritalia
“Risulta chiaro l’andamento regionale – spiega Michele Bertolami, direttore dell’ente di certificazione Ceviq, che controlla tutte le Do ad eccezione di Prosecco, Carso e Collio, in capo a Valoritalia – le aziende (purtroppo) tendono a certificare ed imbottigliare il prodotto come Dop in percentuali di molto inferiori a quello presente in denuncia di produzione: in certe denominazioni il 40-50% del vino viene riclassificato a categorie inferiori (Igt o vini generici addirittura). Va decisamente meglio la situazione per le Dop di collina, dove il 70/80% viene certificato ed imbottigliato come Dop. La pianura invece (che produce molto di più in termini generali) è molto più soggetta al fenomeno”.
I motivi della disaffezione alle Dop regionali? “Crisi di vendita dei vini Dop – spiega Bertolami – costi di certificazione e controllo sempre più difficilmente ammortizzabili, grandissima richiesta di vini Igt e generici (facilmente gestibili in fase commercializzazione, di elaborazione come spumante, di taglio e assemblaggio da parte dei grandi imbottigliatori). Il problema del sistema Friuli è in ogni caso preoccupante: c’è una grande qualità dei vini (addirittura in crescita a mio avviso, in particolare la pianura sta facendo passi da gigante), ma l’immagine è affaticata dal 70% dei vini designati con nomi poco valorizzanti il territorio, come il Pinot grigio. In pratica le quantità di prodotto che vengono etichettate con nomi e marchi friulani sono al minimo e siamo un bacino di prodotto di qualità per altre regioni (Veneto in particolare). “Il trend – conclude Bertolami – è difficile da invertire, ma sono fiducioso che l’ingresso della nuova Doc Friuli serva a smuovere un po’ le acque. La bravura e caparbietà dei produttori friulani verrebbe giustamente premiata”.