Il Nordamerica, dopo un periodo di appannamento coinciso con i primi due anni di crisi economica internazionale, ha ripreso a crescere in maniera costante, ritrovando i ritmi propulsivi che avevano contraddistinto i primi anni 2000. Gli Stati Uniti infrangono per la prima volta il tetto dei 4 miliardi di dollari, senza contare gli 800 milioni di dollari di spumanti, segmento ancora più performante negli ultimi tre anni. Il Canada – che alla crisi dal punto di vista vinicolo è rimasto immune – fa anch’esso record, sfiorando i 2 miliardi di dollari per il segmento bottiglia. Insieme, questi due Paesi fanno 6 miliardi di valore alle importazioni nel segmento dell’imbottigliato, con prospettive di aumento costanti (+5% il Cagr dal 2005), contro i 2,4 miliardi di Cina e Hong Kong, inchiodati da tre anni e con prospettive incerte in futuro.
Il 2013 segna il primo vero stop alla crescita tumultuosa del decennio cinese, ma sono ormai due anni che i ritmi si sono stabilizzati: 1,3 miliardi di dollari nel 2011, 1,4 nel 2012, replicati l’anno scorso pari pari. Hong Kong, che nel 2010 era arrivata a superare in valore il Giappone, va addirittura indietro, ritornando sotto la soglia del miliardo di dollari.
Come abbiamo visto sul Corriere Vinicolo n. 5 dove abbiamo messo a confronto le previsioni di crescita dei consumi sui mercati maturi e quelli emergenti, lo scintillio delle performance cinesi a doppia cifra va preso con molta, molta cautela. Crescere partendo da zero è semplice, confermare la crescita quando si è arrivati a un punto di maturità relativa è un altro paio di maniche. Ecco perché riteniamo che quello che stanno mostrando Usa e Canada (mercati maturi, ma con ampie fette di torta tutte da addentare) sia un patrimonio prezioso, non solo verso Paesi aggressivi come cileni, spagnoli e argentini, ma anche verso i fornitori storici come l’Italia e la Francia.