Sembra davvero una maledizione quella che sta avvolgendo i nostri spumanti sul mercato russo. Mentre le importazioni di vini fermi in bottiglia si sono riprese e crescono a ritmo sostenuto (nel primo semestre +7% a volumi e + 36% a valori), per Asti e compagnia le cose vanno malissimo. Nei primi sei mesi, secondo i dati estrapolati dalle Dogane russe, l’Italia perde il 37% a volume, a 3,4 milioni di litri, e ancora peggio si fa a valori, con un dimezzamento degli incassi, passati in un anno da 33 a 16 milioni di dollari. La colonnina del prezzo medio poi è da tragedia: 4,54 dollari al litro, ovvero -24%.
Certo non siamo soli a strapparci le vesti: vanno male le cose per gli ucraini, i moldavi e persino per i tedeschi, mentre tiene la Francia, che anzi è riuscita ad apprezzarsi in termini d’incassi (+5%), e furoreggiano gli spanoli, che hanno visto crescere del 33% i volumi esportati per una spesa lievitata a 1,9 milioni di dollari (+54%): il nostro specchio rovesciato.
Fonte: elaborazioni Corriere Vinicolo su dati Dogane russe
Andando poi nel dettaglio delle nostre esportazioni (l’ultimo dato disponibile è maggio), si nota come a soffrire in maniera spaventosa sia l’Asti, le cui forniture verso la Russia hanno perso l’80% a volume e il 64% a valore, per via di un prezzo medio praticamente raddoppiato, effetto molto probabilmente del nuovo metodo di calcolo del prezzo minimo adottato dalle Dogane russe sin dall’anno scorso.
Tuttavia, le cose secondo il punto d’osservazione del Consorzio dell’Asti sembrano volgere verso un ritorno alla normalità: “I dati fortemente negativi – dice il direttore Giorgio Bosticco – ritengo siano la concausa di due fattori: primo, dal 2011 la normativa russa ha imposto una specifica licenza di importazione anche per i vini. Il prolungamento burocratico per ottemperare al rilascio delle licenze ha generato un blocco doganale di molti mesi risolto solo nella primavera del 2012; secondo, la promulgazione della legge relativa alla nuova classificazione dei vini, successivamente stralciata da Putin, avrebbe declassato i vini nella categoria ‘bevande a base di vino’ con un aumento dell’accisa da 6 rubli al litro a circa 250. Sembra però che il periodo buio stia volgendo al termine – prosegue Bosticco – come evidenziano i dati Istat del singolo mese di maggio, che vedono un aumento dei litri del 151% (da 129.000 a 324.000). I dati Nielsen infine, relativi al sell out dei supermercati, delle 14 città più importanti della Russia evidenziano sì una flessione degli acquisti dell’8,7% nell’anno terminante a marzo 2012 rispetto al pari periodo dell’anno precedente, ma anche in questo caso l’ultimo bimestre febbraio-marzo ha registrato un aumento dei volumi del 10%”.
Fonte: elaborazioni Corriere Vinicolo su dati Istat