Nielsen ha analizzato nel suo report Global Out-of-Home Dining Survey le abitudini degli statunitensi in fatto di consumo di cibo fuori casa.
Oggi circa il 35% degli americani è solito pranzare o cenare fuori almeno una volta alla settimana; si tratta di una percentuale maggiore di quella della media mondiale (24%).
Il consumo di cibo fuori è spesso accompagnato da quello di vino, birra o altra bevanda alcolica. Si tenga presente anche che – sempre secondo Nielsen – la percentuale di coloro che escono per bere e mangiare è doppia rispetto a quella di coloro che escono di casa al solo scopo di bere un drink, e ciò ha condizionato negli ultimi tempi anche la diffusione di ristoranti, il cui numero è cresciuto, e dei bar “di vicinato”, il cui numero è, al contrario, diminuito.
La risposta da parte dei ristoratori a queste tendenze è evidente nel fatto che negli ultimi dieci anni il numero di ristoranti che offre una o più tipologie di birra, vino o superalcolici è cresciuto in USA del 18%, ed anche alcuni fast-food o caffetterie hanno inserito nel loro menù bevande alcoliche (è il caso ad esempio di Starbucks, noi ne avevamo parlato qui).
Oggi il 99% degli esercizi on-premise statunitensi ha nel suo menù birra, il 94% vino, e il 71% superalcolici, ma la percentuale di esercizi che offe tutte e tre le sopraelencate categorie di alcolici varia in modo significativo a seconda del tipo di cucina. Se, infatti, è comune trovare sia vino che birra che superalcoli nei ristoranti di cucina americana o europea, non lo è allo stesso modo nei locali di cucina etnica, la cui diffusione e popolarità è in crescita, anche perché la società statunitense è sempre più multiculturale e formata da persone provenienti da paesi e culture diverse.
Fattori questi con cui i produttori di bevande alcoliche devono fare i conti, promuovendo il consumo dei loro prodotti in abbinamento anche con la cucina etnica, puntando prima di tutto sulla collaborazione con i ristoratori.
FEB