di Giulio Somma
“E’ una vendemmia complicata, come non si vedeva da tempo, e ancora di difficile interpretazione, dove sarà il lavoro dell’uomo a fare la differenza. Per questo, pur consapevoli delle residue incertezze climatiche, siamo fiduciosi del fatto che anche nella vendemmia 2014 si faranno vini di buona qualità e non mancherà qualche punta di eccellenza, contribuendo a consolidare sui mercati l’immagine che il vino italiano ha saputo conquistarsi”.
Con queste parole Domenico Zonin, presidente di Unione Italiana Vini, ha commentato i dati previsionali sulla vendemmia 2014 elaborati da ISMEA e UIV presentati nel corso della conferenza stampa svoltasi al Castello Banfi di Montalcino il 19 settembre scorso, nell’ambito del Consiglio Nazionale dell’Associazione. Un incontro che ha visto la partecipazione anche del neo-presidente di ISMEA, Ezio Castiglione, del Segretario Generale del CEEV, José Ramon Fernandez, del Sottosegretario alle Politiche Agricole, Giuseppe Castiglione, e, in qualità di moderatore, del giornalista del Sole 24 Ore, Giorgio Dell’Orefice.
Dopo i saluti del padrone di casa Enrico Viglierchio, ad di Banfi, Ezio Castiglione ha presentato in dettaglio, regione per regione, i risultati della ricognizione operata tra la fine di agosto e la prima decade di settembre sul territorio nazionale da Ismea e Unione Italiana Vini, da cui emerge un quadro produttivo della vendemmia a livello nazionale stimato attorno a 41 milioni di ettolitri di vino, in calo del 15% rispetto ai 48,2 milioni diffusi dall’Istat per il 2013 (una annata particolarmente abbondante) ma attestandosi su un +8% rispetto alla media dei cinque anni precedenti. Le regioni del nord riducono sensibilmente i quantitativi (si oscilla tra il -8% del Piemonte e il -17% del Veneto) anche se i cali più importanti in volumi si registrano nelle regioni meridionali con la Puglia che accusa un -25% e la Sicilia arriva a -27%. Le regioni del centro Italia, invece, mostrano una sostanziale tenuta sul fronte quantitativo: la Toscana (+3%), l’ Umbria (+10%) e le Marche (+7%) sono le uniche regioni con segno positivo.
Pur con le cautele del caso “obbligatorie quando si parla di stime – ha commentato Castiglione – considerando tra l’altro l’inclemenza delle condizioni climatiche di quest’annata particolare”, il calo quantitativo è certo anche se ancora non definito nei valori assoluti trattandosi “di una sintesi – spiega ancora il responsabile ISMEA – tra un’ipotesi minima che porterebbe la vendemmia attuale al di sotto di 40 milioni di ettolitri e un’ipotesi più ottimistica che la vedrebbe a 42,2 milioni di ettolitri”. Ma è stata la lettura “qualitativa” dei dati a tenere banco nel dibattito sviluppatosi tra i relatori e i numerosi produttori presenti anche se, a detta di tutti, il giudizio sulla qualità resta ancora sospeso in attesa di verificare il vino in cantina. Mai come quest’anno, infatti, il calo quantitativo è stato necessario per tenere alta la qualità, perché solo l’intervento esperto dell’agronomo ha tenuto i vigneti al riparo dalle fitopatie, così come il lavoro di selezione dell’enologo garantirà lo standard qualitativo dei vini. Ma, il tutto, con un inevitabile, e sensibile, aumento dei costi. “Le difficili condizioni meteorologiche – ha detto ancora Zonin – hanno favorito la diffusione di numerosi attacchi di patogeni, soprattutto peronospora e botrite, spingendo i produttori, che hanno mostrato preparazione e tempestività negli interventi, ad aumentare, da un lato, il numero di lavorazioni in vigna e trattamenti in campo e, dall’altro, la selezione delle uve in cantina provocando un notevole innalzamento dei costi di produzione. La qualità, in una vendemmia come questa, ci sarà – pur se di fronte ad un generale calo del grado zuccherino – ma costerà molto di più”.
Ed è la gestione commerciale di un’annata complicata ad impensierire i produttori più che le dispute sulla qualità. “Non credo che il vociare fatto quest’anno sulla qualità della vendemmia avrà ripercussioni sui mercati – ha proseguito il presidente di UIV – Abbiamo una immagine forte a livello nazionale ed internazionale che non sarà scalfita da questi dibattiti; non sarà, però, in grado di supportare aumenti di prezzo. Dovremo pertanto sacrificare un po’ di marginalità delle cantine, anche se abbiamo ancora buone scorte dallo scorso anno che ci aiuteranno a calmierare il prezzo degli sfusi”.
Una buona immagine sui mercati conquistata negli anni a suon di investimenti privati e pubblici, un patrimonio prezioso …. e, quando il discorso vira sul mercato, è il moderatore, Giorgio Dell’Orefice a lanciare nello stagno il “macigno” dei fondi OCM promozione non utilizzati dalle Regioni. 33 milioni di euro negli ultimi due anni dirottati dalle Regioni su altre misure mentre i progetti promozionali in quota nazionale vengono respinti per mancanza di fondi. “Uno scandalo che deve finire” chiosa perentorio Domenico Zonin rivolgendosi al Sottosegretario alle Politiche Agricole, Giuseppe Castiglione, che non si fa trovare impreparato: ”Oggi dobbiamo fare scelte di carattere strategico come ci siamo trovati a fare quando abbiamo riscritto l’OCM vino – risponde Castiglione – Ora, come allora, serve coraggio. Se ieri abbiamo affrontato l’ostilità dei produttori “abituati” alla distillazione, oggi non sarà certo un dramma cercare un modo nuovo per ripartire le risorse tra lo Stato e le Regioni così da utilizzarle proficuamente. La decisione di rivedere i criteri di utilizzo dei contributi appartiene alla politica che è chiamata a riprendersi i propri spazi lasciati, invece, troppo spesso in passato, nelle mani della burocrazia”.
E, nel confronto a distanza con le Regioni, non poteva mancare l’altro tema “caldo” che aveva tenuto banco nel Consiglio: il sistema di gestione delle autorizzazioni ai nuovi impianti. Dopo un altro assist del moderatore, Giorgio Dell’Orefice, è ancora Zonin a partire all’attacco: “il declino del potenziale viticolo, ininterrotto da oltre un decennio, è sotto gli occhi di tutti – ha accusato il presidente di UIV – e proseguirà incessante se non troveremo un sistema efficiente di gestire quell’1% annuo di superficie vitata (pari a circa 6500 ettari) di nuove autorizzazioni che la PAC ci consentirà in futuro”. Anche perché dall’UE arrivano segnali molto confusi sui criteri di gestione della partita “autorizzazioni” e le Regioni italiane sono pronte a rientrare in campo. Lacci e lacciuoli, regolamenti e criteri contro cui interviene il Segretario Generale del CEEV, José Ramon Fernandez: “mentre noi ci riempiamo di regole, dimentichiamo che l’Europa vitivinicola si confronta con un resto del mondo che non ha queste limitazioni. E sarebbe un grave errore non tenere nella dovuta considerazione il fatto che gli spazi di mercato lasciati liberi dalla mancanza di prodotto europeo saranno occupati dal vino proveniente da Argentina, Cile, Australia, ecc. Un pericolo serio che può e deve essere neutralizzato indirizzando i nuovi vigneti – conclude Ramon – dove chiede il mercato”.