Cambia il carrello, cambia il calice. Tra inflazione persistente e nuove sensibilità, l’Italia del vino si muove su un crinale fatto di meno volumi e più valore per bottiglia, con scelte più selettive e un’idea di qualità che non è più solo status, ma coerenza: origine, sostenibilità, esperienza. È il quadro che Paolo Ferrante ricostruisce su Il Corriere Vinicolo n. 34, partendo dai numeri e dalle evidenze presentate da NielsenIQ alla Milano Wine Week 2025.
Nei canali off-trade, la crescita a valore è timida mentre i litri arretrano: un segnale che racconta la progressiva migrazione verso fasce premium e high quality. A tirare il mercato sono gli spumanti (con lo Charmat secco in primo piano e il metodo classico in avanzata), i bianchi più versatili e, all’interno dei fermi, le denominazioni e le IGP che presidiano l’85% del valore. Le fasce entry level soffrono; il consumatore polarizza: o territorio e piccole produzioni, o brand riconoscibili che promettono affidabilità.
Dentro questa trasformazione si muove una platea nuova: la fascia 30-44 anni, spesso con figli e redditi non alti, ma informata e digitale, attenta alla trasparenza del prezzo e alla sostenibilità. Con loro avanzano i low-alcol e dealcolati, non come rinuncia ma come scelta di moderazione strutturale. L’e-commerce cresce e ridisegna l’omnicanalità, mentre nel fisico vincono i supermercati di prossimità; il Sud corre, il Nord-Ovest frena ma resta baricentro di fatturato.
Nel fuori casa, la parola d’ordine è qualità dell’esperienza: meno uscite, più attenzione al servizio, al racconto e all’abbinamento. Il calice guadagna spazio, ma la bottiglia resta il perno delle occasioni “giuste”; i menu che funzionano ordinano per prezzo, area, denominazione e valorizzano storytelling e percorsi regionali. Per l’Horeca si apre così un terreno di premiumizzazione selettiva: volumi più corti, scontrino medio più alto, formazione del personale come leva decisiva.
Il filo conduttore è chiaro: “meno, ma meglio”. Una rivoluzione silenziosa che chiede alla filiera di alzare l’asticella su identità, trasparenza, sostenibilità e servizio, evitando scorciatoie sul prezzo che rischiano di erodere fiducia e marginalità. La premiumisation è in corso, ma non è compiuta: richiederà scelte coerenti, investimenti e un nuovo patto con i consumatori.