Vitigni rossi rari naturalmente low: la ricerca di Graspo tra Lessinia, Valsugana, Oltrepò e Berici
Nel Dossier Rossi de Il Corriere Vinicolo n. 32/2025, Aldo Lorenzoni racconta il lavoro di Graspo sui vitigni rossi rari e “dimenticati”: Saccola/Pavana, Mornasca, Turca/Serbina, Gralima, Gnoca e la nuova Rossa Burgan. Biodiversità, gradazioni naturalmente più basse e identità territoriale come risposta ai gusti moderni e al clima.
October 22, 2025
2 minuti

Rossi rari, futuro leggero: il laboratorio italiano di Graspo
C’è un’Italia del vino che lavora ai margini delle mappe, tra alture ventilate, muretti a secco e filari sopravvissuti all’oblio. È qui che Graspo – Gruppo di Ricerca Ampelografica per la Salvaguardia e la Preservazione dell’Originalità Viticola – sta riportando alla luce vitigni rossi rari che, un tempo accantonati perché poco alcolici, oggi intercettano il gusto contemporaneo: gradazioni naturali più contenute, acidità vive, profili fragranti, beva nitida. Nel Dossier Rossi di Il Corriere Vinicolo n. 32/2025, Aldo Lorenzoni racconta una ricognizione che è insieme ricerca genetica, sperimentazione in vigna e testimonianza di custodia agricola.
La traiettoria è chiara: con il clima che innalza gli zuccheri prima della piena maturità fenolica, varietà storiche a alcol moderato tornano attuali. Dai rilievi della Lessinia arriva la Saccola (geneticamente Pavana): grappoli spargoli, acidità alta, botrite rara, vini vibranti dalle note di mora e mirtillo che – in quota o a 400/500 m – si assestano su 10,5% vol. Un profilo che parla la lingua della freschezza e della montagna. In Oltrepò Pavese, la Mornasca (Uva di Mornico), documentata dall’Ottocento e iscritta al Registro nel 2010, rinasce con vinificazioni in purezza: rossi rubino vivi tra ciliegia e prugna, ma anche uno spumante rosato; la gradazione naturale ruota intorno ai 10 gradi. In Valsugana, la Turca di Tania Gozzer (sinonima di Serbina), vendemmiata tardi e allevata su suoli morenici, propone un rosso elegante, fragola-lampone-marasca, acidità tonica e titoli alcolometrici mai eccessivi.
Il viaggio prosegue nel Valdarno Superiore con Mannucci Droandi: il progetto sul germoplasma porta alla registrazione del Gralima (ex “Lacrima nera del Valdarno”), rustico, produttivo, ricco in polifenoli, poco sensibile a oidio e botrite: tannino inizialmente scontroso che si armonizza in bottiglia, identità territoriale marcata anche a gradazioni contenute. Sui Colli Berici, l’ampelografia locale riapre il cassetto della Gnoca (registrata nel 2022): maturazione tardiva, acidità fissa sostenuta, rosso brillante da melograno e ribes con potenziale di spumantizzazione. Infine Soave: Rossa Burgan, incrocio naturale Garganega × Cavrara, resiliente alle crittogame, bucce spesse, vendemmie tardive senza eccessi zuccherini; al calice frutto scuro e spezia, freschezza e salinità per un rosso “fuori schema”.
Il filo rosso? Biodiversità come strategia. Laddove la tecnica ha spesso cercato di correggere l’alcol “a valle”, questi vitigni agiscono “a monte”: genetica, ambiente, altitudine, cicli tardivi, rese e gestione del verde; poi selezioni massali, microvinificazioni, registrazioni varietali. Il risultato è un portafoglio di stili che non copia il passato: lo aggiorna. Vini naturalmente low che parlano di territori, agricoltori-custodi e di un’Italia capace di trasformare i propri “scarti di memoria” in risorse per il mercato di oggi.
- News
- Il Corriere Vinicolo
- Aldo Lorenzoni
- biodiversità viticola
- CV 31/2025
- Dossier Rossi
- Graspo
- Ivano Asperti
- low alcol
- vitigni rari