Come avevano preannunciato commentando i dati export dei nostri principali concorrenti, anche per l’Italia i primi nove mesi dell’anno si chiudono all’insegna della stabilità. Stabilità innanzitutto sui prezzi, con l’indicatore generale fissato sotto +1%, dovuto a una miscelazione del dato negativo degli sfusi (-17%) e degli spumanti (-4%) e di quello (solo leggermente positivo) dell’imbottigliato (+2%), che però se può consolare raccoglie uno slancio d’orgoglio nei 30 giorni di settembre, archiviati con una media di 3,34 euro al litro che invertono una china negativa iniziata di questi tempi l’anno scorso: 3,22, poi 3,14 a dicembre, 3,06 a marzo, 2,96 a giugno.
Spumanti
Se si guarda ai due grossi mercati, Usa e UK, alle crescite vertiginose a volume e valore viene francobollata come una tassa il ribasso netto dei prezzi, attorno al 7%. Va decisamente meglio per l’Asti, che chiude nove mesi abbastanza bilanciati, grazie alla tenuta del mercato americano, mentre più di un problema si continua a riscontrare in Germania e Russia.
A livello generale, detto delle performance di UK e Usa, non si sblocca la situazione sul mercato tedesco, ormai saturo di spumante, specie quello prodotto internamente (e qui dobbiamo ringraziare gli spagnoli, che hanno foraggiato i kellermeister con le loro basi), mentre vanno discretamente le cose sui mercati di seconda fascia: Russia (al netto dell’Asti), Giappone, Austria, Belgio. Non si è ancora conclusa la luna di miele delle nostre bollicine con il mercato nordeuropeo se scandinavo, dove le percentuali di crescita marciano da tempo a ritmi da cavalcata, mente prosegue il trend super-espansivo del mercato cinese, dove però la strategia sembra essere sempre quella del prodotto a sconto: -28% il prezzo medio, a 2,33 euro al litro di media, tra i più bassi in assoluto insieme alla Russia.
Bottiglia
Una categoria di vino che sta performando dignitosamente è quella dei frizzanti, o meglio quella dei Dop, dove giocano Prosecco e Lambruschi: prezzi stabili e quantità/valore in tendenziale crescita. Cosa non riuscita agli Igp (almeno quelli che viaggiano prevalentemente verso Germania e Russia), e men che meno ai comuni, incappati in un anno nero (-20% e passa). Per i vini fermi, invece, il bilancio è abbastanza piatto, con modeste crescite a valore e volumi inchiodati ai livelli dello scorso anno.
Venendo ai mercati, dei primi tre il messo peggio è Londra, che accusa un calo pronunciato soprattutto a volume (-7%), mentre Usa e Germania stanno in un range di crescita a valore tra 2-3% (con gli Usa però in calo a volume). Nelle seconde file, Canada segna temperatura invernale (-5%), mentre la Svizzera porta a casa un po’ più di volume, anche grazie ai rapporti di cambio che agevolano le commesse. Tokyo è ferma, così come Amsterdam, mentre la piccola grande Danimarca è oggi la più lineare insieme a Francia e Belgio. Non si può non dare un occhio alla Cina, anche se l’importanza odierna del mercato per noi è irrilevante (al 15° posto, l’1% del totale export bottiglia): settembre sancisce l’ennesima performance incolore, con lo zero sul volume e addirittura un calo dell’8% sul fatturato (idem sul prezzo). Dire che siamo all’anno zero è un eufemismo.
Sfuso
Ultima nota – desolante – quella dello sfuso, di cui ci siamo a lungo occupati per via della situazione di tappo creataci dagli spagnoli, soprattutto in Germania, dove chiudiamo a -30% in valore pur mantenendo volume. In sostanza, ci siamo genuflessi. E non è detto sia finita qui, considerando che i nostri prezzi non salgono, il prodotto nuovo è pure poco e stiamo incominciando il pellegrinaggio in giro per la Castilla a cercare mosto (da pagarsi pure a caro prezzo).
Altro mercato dove gli spagnoli ci fanno male è la Francia, oltre un po’ a tutto l’Est europeo. Tengono i mercati scandinavi, americano e inglese, ma qui stiamo già parlando (quasi esclusivamente) di prodotto confezionato in bag-in-box. Dal 2017, quando verrà aggiunta la categoria doganale specifica, ne coglieremo meglio i dettagli.
Fonte: elaborazioni Corriere Vinicolo su dati Istat.
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