L’ultima edizione del report sui bilanci delle imprese del vino ha riaperto un tema centrale: in un contesto segnato da cicli economici più brevi e instabili, le aziende devono imparare a combinare modelli diversi, rafforzando dimensione, competenze e capacità di adattamento. Un approccio che punta su flessibilità e managerialità, superando schemi ormai insufficienti.
Su queste premesse si è sviluppato il confronto raccontato sul Corriere Vinicolo n. 37 del 24 novembre 2025, dedicato al convegno “Anno 2025, il vino italiano nella tempesta perfetta: quali i modelli di business vincenti?” tenutosi all’Università di Verona. Un appuntamento molto partecipato che ha messo al centro la parola chiave emersa dal report: aggregazione.
Il tema riguarda sia la struttura delle imprese – chiamate ad aumentare massa critica ed economie di scala – sia la capacità di lavorare insieme nelle sedi politiche. Lamberto Frescobaldi, presidente di Unione Italiana Vini, ha ribadito la necessità di una riforma che rafforzi managerialità e dimensione aziendale, lasciando definitivamente alle spalle l’idea che “piccolo è bello”.
Il dibattito ha evidenziato modelli ibridi e strategie in evoluzione: la via mediana tra “strong” e “light” di Argea, il tentativo di alleggerire gli asset raccontato da Allegrini, l’adattamento territoriale richiamato da Ruggeri, fino alla crescita “orizzontale” proposta da Perla del Garda. Con un punto comune: la flessibilità come fattore competitivo.
Il nodo dimensionale torna anche nella prospettiva cooperativa, con Caviro che sottolinea l’esigenza di sinergie più forti per affrontare buyer globali sempre più concentrati. E nella parte finale – affidata a Fedagri, Fivi e UIV – emerge un messaggio politico preciso: l’Italia può incidere davvero solo presentandosi unita in Europa. La leadership, in un settore frammentato, passa dalla capacità di fare sistema.