Dopo averla accettata, adesso tra le imprese spagnole incominciano ad arrivare i primi distinguo e le prime preoccupazioni sulla misura di distillazione per un massimo di 4 milioni di ettolitri di vini comuni decisa dal Ministero delle politiche agricole d’intesa con la filiera (ne abbiamo parlato qui).
Secondo quanto scrive la Semana Vitivinicola, il decreto reale è già pronto per essere consegnato alle stampe, ma le organizzazioni produttive, soprattutto quelle di parte cooperativa, temono che dalla misura riceveranno più danni che benefici. Innanzitutto, argomentano, i costi – logistici e di distillazione per uso energetico – saranno a loro intero carico, ma quel che più preoccupa è il fatto che la misura si applicherà obligatoriamente in tutte le comuntà autonome che hanno prodotto globalmente il 50% in più della media degli ultimi quattro anni. Un successivo provvedimento indicherà poi quali saranno i produttori obbligati alla consegna in distilleria, selezionati in base al rapporto tra resa 2013/14 e media, comunque sopra gli 80 ettolitri per ettaro.
Il che implica che anche chi avesse prodotto sopra la media ma ha comunque contratti in mano e tenga il prodotto stoccato in attesa di ritiro dovrà destinare parte di esso alla distilleria, in casi limite fino al 100% del prodotto.
Le cooperative, specie quelle castigliane, sono sul piede di guerra, in particolare quelle che hanno già liquidato i soci e che lamentano il fatto che il solo annuncio della misura ha depresso ulteriormente i mercati, scatenando pressioni fortissime della domanda e dall’altra forzando la produzione a svendere anche sotto l’euro all’ettogrado, al fine di abbassare il quantitativo di giacenze in vista della dichiarazione del 31 luglio. Il dato globale delle scorte a quel giorno infatti sarà quello che determinerà il volume finale che la Spagha avvierà alla distillazione.