“Può il batter d’ali di una farfalla in Brasile provocare un tornado in Texas?” Questo il titolo di una conferenza tenuta nel 1972 dal matematico Edward Lorenz, uno dei pionieri della “teoria del caos”, quella secondo la quale piccolissime variazioni nelle condizioni iniziali possano provocare grandi variazioni a distanza di tempo e di luogo. E dell’effetto farfalla si è parlato anche a Firenze nel corso della presentazione del nuovissimo brand Toscana che partendo dal vino intende abbracciare tutto l’agroalimentare. La teoria in questo caso si basa sull’idea di condivisione: se tutti i produttori toscani condivideranno il brand, allora l’effetto sui mercati internazionali sarà dirompente.
Ma partiamo dall’inizio. L’idea di un marchio che rendesse immediatamente percepibile al consumatore internazionale la provenienza toscana di un prodotto era nel programma del governatore Enrico Rossi dall’inizio, e il fine di tutto questo, secondo l’assessore all’Agricoltura della Regione Toscana, è quello della nascita di un distretto agroalimentare toscano. Sono iniziati così gli incontri con i maggiori Consorzi vitivinicoli regionali e le associazioni di categoria per capire se l’idea potesse trovare una base comune. Una volta verificata l’adesione da parte di tutti i soggetti al progetto, Toscana Promozione ha emesso un bando al quale hanno partecipato una decina di agenzie creative, che è poi stato vinto dalla Lorenzo Marini Group, che ha realizzato il brand.
E’ una farfalla di vino a forma di Toscana, e ciò che intende comunicare è che il vino toscano si fa farfalla e vola per il mondo. Lo spazio interpretativo è volutamente molto ampio, in modo che le persone possano vederci ciò che preferiscono: la farfalla, che rimanda immediatamente ai concetti di naturalezza, di biologico e di salubrità; il vino rosso e la Toscana. Per facilitare la lettura ai consumatori che non sanno dove stia la Toscana, nei manifesti c’è anche una vecchia mappa italiana con la Toscana evidenziata in rosso. Per quelli che non sanno neppure dove sia l’Italia, il discorso naturalmente si complica.
Si parte dal vino
Che il primo passo del brand Toscana sia stato fatto per il vino è comprensibile, visto che l’export del vino toscano vale 659 milioni di euro (dati 2011), con un incremento del 12,2% in valore rispetto al 2010. Non solo, ma a livello italiano la Toscana occupa il primo posto in fatto di export di vini rossi a denominazione di origine per un valore di 442,5 milioni di euro, seguita a grande distanza dal Veneto con 231,5 milioni di euro e dal Piemonte con 175,3 milioni.
Cifre importanti che fanno capire quanto sia fondamentale, come ricordato dal presidente Rossi, non soltanto promuovere ma anche tutelare la produzione agroalimentare toscana da quel fenomeno sempre più diffuso in tutto il globo che prende il nome di Italian sounding, e che ha invaso le tavole del mondo di prodotti che appunto “suonano italiano”, ma che italiani non sono.
Ma come verrà utilizzato questo marchio? E quale è il costo dell’operazione? Per ora, dall’inizio del progetto, sono stati spesi poco meno di 150.000 euro sul bilancio di Toscana Promozione. In questa cifra sono compresi i costi del marchio e il suo primo lancio. Contemporaneamente alla conferenza di presentazione a Firenze infatti il marchio è stato lanciato a New York per mezzo di un mega manifesto apposto sulla facciata di un palazzo nel quartiere di Soho, e l’operazione è destinata a essere ripetuta a Mosca, Hong Kong e Tokio.
Ma poi? Su questo il cammino è ancora tutto da delineare, e l’assessore Salvadori promette che a breve sarà emanato un regolamento di attuazione che poggerà su forme di autocertificazione. In altre parole, il brand sarà una certificazione volontaria con la quale il produttore dichiarerà che il suo vino viene prodotto in Toscana da uve toscane. Ma è chiaro che il brand potrà funzionare solo ed esclusivamente se tutti (o almeno la stragrande maggioranza) lo utilizzeranno, altrimenti rischia di rimanere lettera morta o, se si preferisce, un simbolo vuoto. Dunque la sfida sta tutta qui: sono pronti i produttori toscani alla condivisione?
A questo punto la palla passa a loro, e si vedrà se coglieranno questa nuova opportunità messa a disposizione dalla Regione e Toscana Promozione.