E’ il caos in Brasile. L’industria vinicola si è appellata al Governo perché introduca misure a salvaguardia del commercio del prodotto locale, ma oggi si ritrova contro tutto il settore della ristorazione e quello distributivo, che hanno dato vita a forme di boicottaggio dei vini nazionali che rischiano di mettere in serio affanno le case vinicole brasiliane. Molte delle quali, almeno le più grandi, stanno facendo marcia indietro, smarcandosi da un’iniziativa che pare avere il fiato corto.
A oggi la situazione è in altomare, tanto che gli stessi appellanti (Ibravin, Uvibra, Fecovinho e Sindivinho) si stanno affannando per spiegare al pubblico le reali motivazioni della richiesta, che nelle migliori intenzioni non prevedrebbe l’innalzamento delle imposte d’ingresso dei vini d’importazione, ma l’applicazione di una misura – temporanea – di contingentamento dei quantitativi di prodotto importato. Una misura lecita – spiegano – prevista sia dalla legge brasiliana, sia dagli accordi in sede Wto, applicata peraltro già in altri settori non solo in Brasile (giocattoli), ma in tutto il mondo.
A giustificazione della richiesta di aprire l’istruttoria conoscitiva, Ibravin e soci adducono il fatto che il vino brasiliano non riuscirà a sopravvivere a lungo se le importazioni continueranno a crescere con i ritmi degli ultimi anni. Ma prima i ristoranti, poi gli importatori e infine anche i consumatori si sono mobilitati, con una campagna di vero e prorpio boicottaggio dei vini brasiliani che sta facendo tremare i polsi all’industria. Tanto che anche le principali aziende vinicole si stanno smarcando dall’iniziativa, per paura di essere presi di mira.
Su questo sito intanto il testo della petizione pubblica, che a oggi ha già raccolto più di 8.000 firme. Segno che questo popolo, che sta dando grandi segnali di attenzione e di passione nei confronti del vino, meriterebbe di non doversi svenare per approcciare un prodotto che fra dazi, tasse e balzelli di ogni tipo è un lusso per pochi eletti. Un Paese dalle enormi potenzialità tappato dalla miopia dei suoi governanti ma soprattutto di un’industria del vino che invece di combattere per aprire il mercato a fasce sempre più ampie della popolazione, fa di tutto per tenerlo “schiavo” di prodotti di scarso valore. E al contempo tenta l’assalto ai palati più ricchi semplicemente tagliando fuori quei concorrenti che il mercato stanno contribuendo non poco a crearlo.