Come ampiamente annunciato nel corso dell’anno, le importazioni di vino in Cina nel 2014 hanno subito il secondo stop consecutivo da quando il Paese ha incominciato a essere monitorato con una certa regolarità. Il totale degli acquisti ferma le lancette a 3,8 milioni di ettolitri, per un controvalore di 1,5 miliardi di dollari, equivalenti a un calo rispettivamente del 2% e 3%.
Tuttavia, le distinzioni non mancano: in forte calo è il segmento sfuso, dove a farla da padroni sono i cileni. Mentre l’imbottigliato cresce a volume (+3%), lasciando per strada l’1% di valore. Il botto lo fanno gli spumanti, che crescono del 60% e del 30% a volume e valore, pur perdendo in prezzo cirda 2 dollari da un anno all’altro.
Nel segmento specifico delle bollicine, l’Italia consolida la leadership a volume, piazzando una crescita annua dell’80%, ma lasciando per strada valore importante sul prezzo medio: -13%. Altro Paese rampante è la Spagna, che più che raddoppia il valore dell’esportato, ma anche qui pagando a caro prezzo sui listini: -16%.
Gli unici che crescono senza cedere sui prezzi sono i francesi, leader a valore sul mercato, e in crescita media del 4% a listino (dove i dollari al litro sborsati in media dagli acquirenti sono 18, contro i 3 circa per Italia e Spagna).
Sul lato bottiglia, innanzitutto c’è da premettere che rispetto alla situazione di marzo e giugno, le cose sono migliorate tantissimo. E questo grazie al recupero dei francesi, che causa austerity avevano visto decurtare gli acquisti anche del 30%. Ora il bilancio per Bordeaux si fa meno amaro, attorno a -7%. Chi non migliora sono gli italiani, che chiudono l’anno in quinta posizione, dietro la Spagna, perdendo volume (-7%) e pure valore (-10%).
Grazie agli accordi bilaterali, volano invece i cileni (oltre +30% annuo), che si portano ormai a pochissima distanza dall’Australia, che chiude il 2014 all’insegna di una buona crescita a valore (+10%).
Infine, la Spagna: continuando sulla politica di taglio prezzo (-11%), le bodegas guadagnano il 18% a volume, portandosi a casa anche una piccola crescita a valore (+5%). Il distacco dall’Italia, confinato a 1 milione di dollari l’anno scorso, si è divaricato a 15 milioni nel 2014.
Qui sotto, il posizionamento per valore dei principali supplier: negli ultimi due anni, a fronte di importazioni non in crescita, i vari Paesi hanno finito per mangiarsi quote tra di loro: Cile e Australia +2 punti, strappati alla Francia e all’Italia. Stabile la Spagna.
Fonte: elaborazioni Corriere Vinicolo