E’ sempre il Sangiovese il vitigno italiano più coltivato, con oltre 53.000 ettari e un peso sul totale dell’8%. Ma nel corso degli ultimi cinque anni gli ettari persi per questa varietà sono stati circa 16.000. Mentre oltre 20.000 sono quelli persi dalla famiglia dei Trebbiani, al secondo posto della classifica con 42.000 ettari complessivi. In calo, anche se più ridotto, i Catarratti, scesi del 15% rispetto al 2010. Calo anche per la quarta varietà in lista, il Montepulciano, che in cinque anni ha perso 3.000 ettari circa.
Chi cresce allora? Ovviamente il Glera, passato in un lustro da 16 a 26.000 ettari, e il Pinot grigio, in aumento addirittura di 14.000 ettari, per un totale di 24.500. Grandi crescite anche per i due vitigni portabandiera del Salento, Negramaro e Primitivo, con +1.000 e +5.000 ettari rispettivamente.
Tra i grandi autoctoni, brusco calo dei Lambruschi (-24%) e delle Barbere (-13%), così come per Garganega e Malvasie, mentre stanno crescendo Corvina (+500 ettari), Moscati (+765) e Vermentino, che ha registrato una vera e propria esplosione, con un ettarato cresciuto di 1.000 ettari, per un totale di 5.600.
Tra le varietà siciliane, Nero d’Avola e Grillo vedono trend diversificati: decrescita per il primo (-3.200 ettari), aumento per il bianco (+460). In calo di 800 ettari sia il Nerello Mascalese che il Grecanico. Varietà che registra perdite, anche se non di amplissima portata, è l’Aglianico, che da 10.500 scende a 9.900 ettari, imputabili alla coltivazione in Campania piuttosto che a quella in Basilicata, dove invece sta riscontrando crescite di ettarato.
Questa invece la classifica dei singoli vitigni principali (scorporati cioè dalle famiglie di appartenenza), dove grazie alla poderosa crescita degli ultimi anni Glera e Pinot grigio si attestano in terza e quarta posizione.