Tra circa quattro settimane avrà inizio la vendemmia in Australia. Secondo quanto riportato da Reuters nei giorni scorsi vi sarebbe una certa preoccupazione tra i viticoltori del paese in merito al clima estremamente piovoso di questo fine stagione e agli effetti negativi sul raccolto che ne potrebbero derivare. A questo si aggiungono gli effetti degli incendi che stanno minacciando i vigneti delle regioni occidentali.
Per diversi versi, si tratta di due facce della stessa medaglia, quella del cambiamento climatico che porta a eventi sempre più imprevedibili cui i viticoltori dell’Australia, come allo stesso modo quelli di altre parti del mondo (si veda qui quello che abbiamo raccontato in merito all’India), dovranno d’ora in poi fare fronte.
Nella prima settimana di gennaio, sulle costa orientale dell’Australia, sono caduti ben 200 millimetri di pioggia; il doppio di quando registrato in media, negli ultimi anni, nel mese di gennaio (dati Bureau of Meteorology).
Inoltre, secondo la Commonwealth Scientific and Industrial Research Organisation (CSIRO), sebbene il clima delle principali regioni vitivinicole australiane diverrà sempre più caldo e asciutto, con una crescita stimata delle temperature tra 0,3 e 1,7 gradi entro il 2030, è destinata ad aumentare, nel prossimo futuro, anche l’intensità delle precipitazioni estreme (cosa del resto avvenuta già negli ultimi dodici mesi).
Tra le misure che potrebbero rivelarsi efficaci alla buona riuscita della viticoltura australiana futura, vi è quello del tentativo di mitigare gli effetti del cambiamento climatico attraverso l’impianto di vigneti in zone più fresche, come ad esempio l’isola di Tasmania.
Lo sviluppo di sistemi d’irrigazione più efficaci ed efficienti (che consentano quindi un miglior risparmio idrico) e l’utilizzo di prodotti che spruzzati sui grappoli fungano da schermo solare sono altre tecniche culturali che potrebbero dare un aiuto ai viticoltori. Secondo alcuni, tuttavia, l’unica soluzione per far fronte agli effetti d’inaspettate piogge torrenziali sarebbe il ricorso a varietà più resistenti.
FEB