Un aggiornamento importante sulla questione diritti d’impianto è arrivato ieri, nel corso del Cda Uiv a Roma, da Felice Assenza, dirigente della Direzione Politiche comunitarie del Mipaaf. Il 14 dicembre si riunirà per la quarta e ultima volta il Gruppo d’alto livello voluto dal commissario Ciolos (vedi qui l’esito dell’incontro). “A oggi – come ha detto Assenza – la Commissione non ha ancora divulgato la propria posizione ufficiale e – come usa fare in questi casi – probabilmente tirerà fuori il documento direttamente al tavolo. Quello che però è certo – al di là delle sfumature, certo importanti, sul mantenimento del sistema dei diritti per Do e Ig, così come richiesto dalla maggior parte dei Paesi membri – è che si va verso un cambio radicale del concetto di diritto d’impianto come l’abbiamo conosciuto finora. Non un diritto patrimoniale, con tanto di valore monetario, bensì un’autorizzazione a impiantare, slegata da qualsiasi concetto economico. Questo lo si dà per certo ormai, tutte le proposte emerse finora hanno sempre parlato di autorizzazioni concesse allo Stato membro. La discussione ora potrebbe essere sull’ammontare della percentuale di incremento di queste autorizzazioni sul totale del vigneto esistente: si parla di un 1 o 2% massimo”.
Il problema a questo punto è come gestire il phasing-out, ovvero il passaggio da un sistema di “diritti patrimoniali” a uno non patrimoniale, con il relativo azzeramento monetario per coloro che li posseggono: l’Italia per il momento, ha detto Assenza, in vista del 2016, ha chiesto un passaggio graduale, con la riduzione del termine – da otto a tre anni – per l’utilizzo del diritto, in modo da rendere più dinamico il mercato delle compravendite in attesa della cessazione del sistema nel 2015. Questo dovrebbe consentire di far circolare i diritti in essere laddove realmente vi è una necessità all’impianto o – in caso di mancato utilizzo – l’assorbimento all’interno della riserva.
Per rendere più fluida la circolazione, intanto, un buon sistema sarebbe quello di chiedere alle regioni che hanno blindato i diritti di consentire ai propri produttori di vendere anche extra regione.