QUESITO
È possibile riportare nella designazione dei vini Dop e Igp bianchi, rossi e rosati non qualificati nell’etichettatura con una o più varietà di vite, il nome dei vitigni che compongono il vino stesso? B.R., Sassari
RISPOSTA
Questa problematica, più volte sollevata dai nostri lettori, riguardante la possibilità o meno di riportare nell’etichettatura dei vini Dop e Igp commercializzati nella tipologia “bianco”, “rosso”, “rosato” non qualificati con il nome di una o più varietà di vite, il nome del o dei vitigni che concorrono alla produzione dei vini stessi, già disciplinata dall’art. 15, comma 2, del decreto 23 dicembre 2009, e stata ulteriormente ed esaurientemente chiarita dal Mipaaf, direzione generale dello Sviluppo Agroalimentare e della Qualità, con circolare prot. n. 19461, del 7 dicembre 2010. Nel premettere che l’indicazione dei vitigni in questione nei vini Dop e Igp, bianchi, rossi e rosati, nell’ambito della descrizione delle informazioni veritiere e documentabili al consumatore, costituisce una prassi operativa consolidata per molti produttori, che in tale contesto di etichettatura riportavano in caratteri minimizzati il nome del o dei vitigni descritti all’art. 2 del relativo disciplinare (disciplina della base ampelografica dei vigneti da cui derivano le uve), e nel fare salve le eventuali misure più restrittive previste dagli specifici disciplinari di produzione, il Mipaaf ribadisce che: “Limitatamente all’etichettatura e presentazione di talune indicazioni veritiere e documentabili espressamente descritte negli specifici disciplinari Dop e Igp, il rischio di confusione e da intendersi evitato a condizione che le indicazioni in questione: ▶ non siano costituite o non contengano i nomi delle Dop o Igp protette ai sensi degli articoli 118 quaterdecies e 118 vicies del reg. Ce n. 1234/2007, tenuto conto che ai sensi dell’art. 19, par. 3, del regolamento la predetta protezione si applica all’intera denominazione o ai suoi elementi costitutivi, purché distintivi; ▶ siano riportate nel contesto della descrizione degli elementi storico-tradizionali e/o tecnico colturali e/o di elaborazione e/o delle caratteristiche del prodotto e siano nettamente separate dalle indicazioni obbligatorie; ▶ devono figurare in caratteri delle stesse dimensioni e indice colorimetrico rispetto a quelli utilizzati per la descrizione delle indicazioni di cui al punto precedente nonché in caratteri di dimensioni non superiori a 3 millimetri di altezza e a 2 millimetri di larghezza e, in ogni caso, in caratteri non superiori a un quarto, sia in altezza sia in larghezza, rispetto a quelli usati per la Dop o Igp”. Inoltre la circolare precisa che, considerato che l’indicazione complementare del vitigno o dei vitigni in etichettatura rientra tra quelle specificamente disciplinate dalla regolamentazione comunitaria, in particolare dall’art. 62 del reg. 607/2009, anche per la fattispecie di etichettatura in questione, in aggiunta alle condizioni sopra richiamate, sono da osservare le disposizioni di cui al predetto disposto comunitario, il quale prevede, tra l’altro, che per l’indicazione del nome di un vitigno il prodotto deve provenire per almeno l’85% dal corrispondente vitigno e che per l’indicazione di due o più vitigni il prodotto deve derivare per il 100% dalle varietà menzionate, che devono figurare in ordine decrescente in percentuale. CONCLUSIONI Pertanto, secondo quanto precisato nella circolare Mipaaf, è possibile riportare nell’etichettatura dei vini, nel contesto delle descrizioni degli elementi storico-tradizionali, tecnicocolturali, di elaborazione e delle caratteristiche del prodotto attraverso la minimizzazione dei caratteri, indicazioni veritiere e documentabili non contenenti nomi di Dop o Igp protette, relative al nome del o dei vitigni che compongono il vino stesso.
A cura dell’Ufficio tecnico-legislativo dell’Unione Italiana Vini
Giuseppe Caldano, Renato Lunardi, Antonio Rossi, Alberto Sabellico
Per informazioni: ufficiotecnico@uiv.it