Nei primi anni ottanta la superficie vitata dell’Unione Sovietica aveva raggiunto un’estensione di circa 200mila ettari. Il vigneto russo si era poi rimpicciolito, sia a causa della politica antialcolismo del Presidente Mikhail Gorbaciov, sia per la successiva disgregazione dell’URSS.
Ora la superficie vitata della Federazione Russa raggiunge i soli 90mila ettari, 30mila dei quali ubicati in Crimea e quindi, dopo i fatti del marzo scorso, considerati russi dal Governo.
Nei giorni scorsi il primo ministro russo Dmitrij Medvedev ha annunciato che nei piani del suo governo vi è quello di far crescere il vigneto fino a ricoprire entro il 2020 una superficie 140mila ettari, così da dare nuova spinta all’industria vitivinicola locale.
Il progetto dovrà tuttavia collocarsi all’interno della revisione di altre misure che al momento penalizzano il settore, quali ad esempio le leggi restrittive che disciplinano la pubblicità degli alcolici. Lo scorso anno, inoltre, il Governo di Mosca ha stanziato 300 milioni di rubli (circa 6,4 milioni di euro) per sostenere l’industria del vino, bevanda riconosciuta nel 2014 come “prodotto agricolo” e che quindi potrebbe ora beneficiare di altre sovvenzioni statali.
FEB