Dal primo gennaio 2017, in seguito alla manovra finanziaria approvata dalla Duma alla fine dello scorso anno, sono cresciute in Russia le accise sul vino prodotto localmente a partire da materie prime d’importazione. La tassa su tali vini fermi è raddoppiata, passando da 9 a 18 rubli per litro (quindi da circa 14 a 29 centesimi di euro); ancora più penalizzati gli sparkling prodotti con mosti d’importazione e che non godono di protezione dell’indicazione geografica: per questi l’accisa passa da 10 a 36 rubli per litro (quindi da circa 16 a 57 eurocent).
Nessuna variazione invece per il vino, fermo o sparkling a indicazione geografica o denominazione d’origine protette, prodotto in Russia da materie prime locali.
Secondo quanto si legge su Mieninger, la decisione di salvaguardare i prodotti totalmente russi deriverebbe in primo luogo dalla necessità di non voler penalizzare un settore che al momento soffre dei cali di produzione della Crimea e della regione del Kuban.
Più in generale la misura si può iscrivere tra quelle che mirano alla crescita dell’industria vitivinicola del paese. A fine 2015 (ne avevamo parlato qui), il Ministro russo dell’Agricoltura, Aleksandr Tkachev, aveva rilasciato alcune dichiarazioni che suggerivano la volontà di promuovere politiche protezionistiche in questo settore. La volontà di portare la viticoltura russa a “livelli internazionali” è stata inoltre ribadita dallo stesso Ministero dell’Agricoltura in occasione della presentazione del piano 2016-2020 per lo sviluppo di questo settore, presentato nel corso dell’autunno passato (ne avevamo parlato qui).
FEB