A conclusione dell’edizione 2011 di Simei-Enovitis, desideriamo fare con i nostri lettori un bilancio un po’ diverso da quelli canonici, dove si sciorinano dati e si conclude dicendo: è stato un gran successo.
Il bilancio che vogliamo condividere riguarda invece il piano di azioni messe in campo dal Sistema Unione Italiana Vini per questo appuntamento cruciale per la nostra filiera. Il progetto è iniziato non appena conclusa l’edizione precedente: i mercati forniscono chiari segnali, gli espositori hanno aspettative molto alte, la sfida per il team Simei era quella di garantire alle aziende che scelgono questa fiera le migliori condizioni per portare al centro dell’attenzione mondiale i valori della propria offerta.
L’imperativo – tanto più difficile in un momento di crisi come l’attuale, dove le aziende potenziali clienti tagliano viaggi e missioni – era quello di garantire la presenza di un pubblico mirato e realmente interessato, che potesse controbilanciare un prevedibile calo numerico dell’affluenza. Lo scopo che ci si è dati in questi due anni di preparazione è stato quindi quello di mantenere alto e alimentare l’interesse di coloro che all’interno delle aziende rappresentano i decisori e i compratori. Si doveva inoltre agire chirurgicamente sui mercati internazionali con maggiori potenzialità, organizzando un sistema di relazioni capace di portare nei padiglioni solo chi vuole realmente acquistare scegliendo tra il meglio dell’offerta mondiale e infine premiare le eccellenze e le anteprime esposte nella più importante vetrina del mondo con qualcosa che potesse essere comunicato anche dopo l’evento.
A fiera conclusa, i risultati parlano chiaro: il Sistema Unione Italiana Vini ha funzionato, Simei ha dato le risposte giuste.
I visitatori hanno più che retto il confronto con l’edizione precedente (48.105, solo il 7% in meno rispetto al 2009, di cui 9.400 esteri, stabili, da 90 Paesi) e soprattutto è cresciuta, a detta degli stessi espositori, la qualità degli incontri che si sono trasformati in business o in nuove importanti relazioni da gestire anche a fiera terminata. Si compra come naturale momento di chiusura di un costante percorso di informazione, magari appreso sulle pagine di questo giornale, il cui editore nell’ultimo anno ha investito ingenti risorse proprio per la riqualificazione della parte tecnica (ultimo esempio in ordine di tempo i test in campo delle macchine da vigneto).
A Milano, per cinque giorni, tutti sapevano con esattezza dove andare, cosa fare, perché esserci insomma. E anche i visitatori esteri – puntualizzava più di un espositore – sono stati ben diversi da quelli delle scorse edizioni: competenti, informati, sapevano esattamente con chi stavano parlando. Così, al di là dei numeri ufficiali, il vero metro per misurare il successo e quindi la sostenibilità di questo evento sta nella sua portata e nella sua tensione verso il mondo. Sono arrivati visitatori da ogni angolo del globo, dall’Australia al Brasile, dalla Cina alla Russia, accompagnati per mano da una silente quanto efficace macchina organizzativa che nell’ultimo anno ha preso contatti, selezionato, invitato, organizzato voli e ospitalità e soprattutto portato stand per stand, suggerendo percorsi o semplicemente soddisfacendo le richieste e le esigenze specifiche. Un esempio è quello della delegazione cinese: sei top manager, tra cui il capo della Great Wall, la più grande azienda nazionale, parte del colosso Cofco. Presi in carico all’aeroporto, accompagnati da interprete, giornalista e da due incaricati UIV che li hanno condotti a visitare le aziende in un percorso “a tappe forzate” attraverso il meglio della tecnologia italiana.
Ma non è stato trascurato naturalmente il mercato italiano: sono state organizzate delegazioni in pullman per oltre 400 viticoltori aderenti a cantine sociali da tutta Italia, anch’essi condotti tra gli stand e accompagnati in un percorso guidato, partito dallo stand Tergeo, il progetto di sostenibilità di Unione Italiana Vini, che ha intercettato e smistato i visitatori nel padiglione dedicato a Enovitis. Ricordo il luccichio negli occhi di un espositore (un colosso degli agrofarmaci) quando si è visto pacificamente invaso lo stand da un centinaio di persone.
Sono stati accesi i riflettori sulla convegnistica, che tra seminari e conferenze ha raccolto un pubblico di oltre duemila persone capitate lì non per caso. Duemila persone che hanno scelto di venire a Milano “anche” per quell’appuntamento, di cui erano state preventivamente informate tramite tutti gli strumenti di cui UIV dispone: chi interessato alla sostenibilità, chi ai mercati internazionali, chi al packaging, chi all’olio, ciascuno ha trovato il suo qualificato momento di aggiornamento, tornando a casa più ricco.
Sì, perché le fiere – nell’era della globalizzazione internettiana – servono anche e soprattutto a questo: a fare da incubatrici di nuove idee, perché le idee significano progresso e il progresso genera ricchezza, materiale e immateriale.
Simei-Enovitis è anche e soprattutto questo: una palestra di pensiero permanente, che ogni due anni si trasforma in evento fieristico, dove toccare con mano le idee che nel frattempo sono diventate progetti. Questo non è misurabile e – come dice un celebre spot – non ha prezzo.