L’analisi del mercato statunitense 2016 delle bevande alcoliche, proposta dal Beverage Information Group nel suo Handbook Advance 2017, rispecchia in linea di massima quanto già evidenziato da altri report di mercato: crescita sul 2015, favorita da fattori quali la premiumization e gli spumanti, ma nulla di eclatante (si veda qui, ad esempio, quanto recentemente suggerito da IWSR).
Secondo i ricercatori di Norwalk (Connecticut), la categoria vino guadagna il 2,2% sull’anno precedente, per arrivare a totalizzare un volume di marcato di circa 340 milioni di casse da 9 litri e un valore di 60 miliardi di dollari. Mentre il consumo di vino fermo si è incrementato del solo 1,8%, gli spumanti fanno ancora meglio di tutti: +7,8% vs 2015. Nell’Handbook Advance 2017 i giovani Millennials sono indicati come protagonisti dei consumi; a loro sono infatti attribuiti quasi la metà dei consumi di vino.
Per quanto concerne gli spiriti è stato registrato il ventesimo anno consecutivo di crescita, che quest’anno vale il +2% sul 2015. Tra i distillati il whiskey è la “hot category” con una crescita media del 5,3%, fatta anche di un +17,8% del whiskey irlandese che da solo vale in un anno 3 milioni di casse. Fa bene anche la vodka (+5%), mentre perde di popolarità il Rum (-1%).
Al palo invece i consumi di birra, fermi sull’anno precedente (+0,1%), con quasi tutte le categorie in perdita, tranne la birra importata premium/super premium e la FMB (flavored malt beverage); la birra meno alcolica (light beer), quella con la quota maggiore nei consumi, perde invece fino al 3,9%.
FEB